Non tanto nell’universo, quello è impossibile, ma lo siamo in questa vita?
Dobbiamo esserlo. Inutile opporsi.
Già tempo fa, nel 2012 un’anziano in un letto di un’ospedale mi disse questa cosa, forte ma sorprendentemente vera: nasciamo nudi e soli, e ce ne andiamo allo stesso modo.
Se vogliamo individuare con facilità le principali paure del genere umano, al primo posto c’è il classico dei classici, in gran voga oggi, ampiamente utilizzato da ogni genere di potere odierno per il controllo e la propaganda:
La paura di morire.
Territorio ampio, per me e per buona parte della mia vita, quasi predominante su ogni mio comportamento caratterizzante e causale, addirittura portato per la proprietà transitiva verso i miei cari. Questa paura mi impediva di vivere con serenità l’oggi in virtù di un domani malato, menomato, o anzitempo(?) interrotto. Inoltre vivevo nel terrore che le persone più care potessero abbandonarmi, chi legato dall’amore, chi dalla collaborazione, dalla dipendenza o dall’affetto.
Per alcuni è quindi una tendenza malata o un istinto di sopravvivenza, ma in ogni caso l’esasperazione non è mai positiva.
E’ curioso come il regno animale sia praticamente immune da questo istinto. Infatti è più corretto ammettere che gli animali stanno ”attenti a non lasciarci le penne”, ma non si tirano indietro dal vivere in virtù di una paura che spesso è sconsiderata. Non c’è niente di più sicuro della morte. La morte è una certezza, ed a mio parere, essa arriva esattamente quando è ora. Durante l’esistenza possiamo sperimentare l’essere per prolungare il tempo d’esercizio. Sicuramente il nostro essere, quello vero, fa sì che se per tanto tempo camminiamo contro al nostro destino o al nostro scopo, il corpo si ammala per morire o ci abbandona improvvisamente. La legge del karma non è una mia invenzione, e non solo mi piace vederla a quel modo, ma penso addirittura che la costruzione di questa dinamica non abbia pecche. Inoltre ci sono dinamiche per cui le età del corpo abbiano un preciso ordine e relative forze, quindi raramente i campioni nello sport si affermano in età tarda o anziana.
Quindi direi che la morte non aspetta, la morte non si evita, casomai la morte si accetta, e prima lo si fa e più si vive.
Un’altra testa di serie profondamente diffusa è la paura di rimanere soli.
Un’illusione come quella di cercare di evitare la morte o guarire dalla malattia che è arrivata per insegnarti che stavi sbagliando. Generalmente poi per vari gradi la cosa si ripropone, in maniera sempre più grave fino a non lasciarti margine per ricominciare.
Siamo soli e dobbiamo farci l’abitudine. Avere una ”compagnia” è una fortuna copiosamente desiderata da chi non ce l’ha. E per compagnia intendo i rapporti. Rapporti di amicizia, familiari, amorosi. Esattamente come nel principio della vita, tutto ha un inizio ed una fine. Non sono da meno quindi i rapporti. E quando si ha la fortuna di viverli, non bisogna mai darli per scontati. Essere soli è visto in accezione negativa, e nemmeno quella positiva per cui si detestano gli altri non è proprio indicata.
Il fulcro del mio ragionamento risiede nella capacità di “essere”, soli o in compagnia. Se davvero il “presente” è un dono, qualunque esso sia va apprezzato. E se mi ritrovo solo, posso iniziare ad amare questo stato, in quanto dono del mio presente, non come sfortuna o mancanza. D’altronde la compagnia, specialmente quella amorosa, dovrebbe essere gratuita e spontanea, priva di vincoli, promesse, obblighi, debiti…
Siamo soli e felici. Torniamo all’individualità che contraddistingue il genere umano, ma anche il regno animale. Sentire la mancanza di un rapporto o di una persona è una sensazione normalmente sacrosanta. Può però distinguere l’azione individuale come carente per questa mancanza. E questo non penso vada bene. Da soli si analizza come la compagnia di un partner sia tutto oltre che l’amore. Gli istinti, che sono quelli tipici dei bisogni primordiali, come mangiare, dormire, ripararsi, sono soggetti alla legge dell’esaurimento. Una volta mangiato, l’istinto si esaurisce per riproporsi più avanti, ed esattamente come per gli altri, non vedo diversamente nemmeno quello dell’accoppiamento. Gli amori sono in linea di massima dei viaggi che hanno una durata. Chi più chi meno, chi si ritrova, nel corso della vita o attraverso varie vite, parallele e quantistiche, comunque non siamo fatti per condividere il nido per tutta la vita. Dobbiamo volare via prima o poi ed evitare di trascinare nelle nostre cadute anche chi ci teniamo attaccati o ci tiene attaccati, per paura di rimanere soli.
Esattamente come per la morte, accettando di essere naturalmente e perfettamente soli, non avremo un attimo di solitudine, ed il silenzio ed il vuoto saranno pieni di amore. Smettendo di desiderare di trovare un partner ci innamoreremo della persona più importante della nostra vita, noi stessi. Ed imparando ad amarci nella perfezione di ciò che siamo, ci sarà più semplice percorrere la via. Poi se il destino ci regala una compagnia, vera, sincera, pulita, gratuita e spontanea, ben vengano quei tempi, e godiamoceli fin che ci sono, non sono scontati, in ogni senso si voglia dare alla parola.