Passa un solo giorno da quell’ultima riflessione e quella telefonata. Ed il suo contenuto sorprendente e doloroso. Come un pugno nello stomaco gelato mi graffia e mi segna. Al punto di cadere nella paura il giorno dopo. E comincio a non sentirmi bene, fiacco, apatico, senza riuscire a prestare attenzione a ciò che mi si dice, e addirittura fatico a parlare e ragionare. Non riesco a capire il perché (ancora una volta sbaglio ponendo lo sguardo su questo anziché sul come), fino al punto in cui cerco di risalire chiedendo anche aiuto. E capisco che in una scala di interezza ero sceso ad un livello metastasico, vicino al distacco, in un certo senso alla morte. 14 su dodici per intendersi. E dopo essermi tirato su, a grandi linee fino a 8 su dodici, sebbene dolorante riesco ad ascoltare, a parlare e capisco che quel vampiro ce l’avevo attaccato nella schiena e mi impediva di piegarmi, torsione della schiena che simboleggia capacità di torcere anziché distorcere, spostarmi, innalzarmi o chinarmi, sostenere e crescere.

Quest’altra morte improvvisa mi ha dato un colpo di grazia sfruttando la mia debolezza del mese precedente e delle sue vicissitudini. Lo sforzo fatto, il dolore, il dispiacere, l’impegno, la delusione, la sensazione di solitudine che rimane quando perdi una madre, l’ennesima. E considerando che ora me ne rimane una soltanto, la mia, sono ancora più preoccupato.
Sono sempre andato alla ricerca del padre che non ho avuto e del fratello maggiore che avrei forse desiderato, sia per il mio desiderio interiore di formare un maschile equilibrato che le caratteristiche di protezione e di indicazione. Ed ho sempre identificato varie figure nelle posizioni di queste due entità mancanti, nelle persone che via via conoscevo, apprezzavo, o amavo. Al contrario la vita mi ha dato tante madri, ed ultimamente me ne ha tolte due.
L’ultima, Donatella, era, è, un angelo dalla coerenza molto particolare. L’ho conosciuta sebbene mai profondamente per 19 anni nel servirmi, senza scadere nel minimo dettaglio. Rispetto e comprensione. Ma fermezza e durezza se serviva. Più volte l’ho sentita minacciarmi di darmi uno “sberlone”, o un “tozzone”, se non la smettevo di litigare con la mia ex. Mi aiutava a liberarmi di cose che non mi servivano più, indirizzandole a più di un ospizio per il quale per anni aveva lavorato e nel quale si trovava ad assistere anziani lasciati sul marciapiede dai parenti senza nemmeno un vestito di ricambio. Non l’ho mai vista ne impietosita ne dispiaciuta. Forse le ho visto scendere una microscopica lacrima quando ha visto Ester per l’ultima volta e quando la volta seguente, a distanza di un solo giorno non c’era più. Aveva capito che era la fine e senza mezzi termini e senza usare maniere aggressive o offensive, senza il proprio carico appunto, mi metteva in guardia sul non potere tenere in quel modo una creatura. Così come qualche settimana fa aveva commentato la scelta di prendere un altro cane, rivelatosi un intelligentissimo e dolcissimo demonio, come la “cazzata” di cui eravamo colpevoli, proprio in un momento così particolare e difficile. Ma un secondo dopo non ne parlava più, neutralmente indifferente, seppur portata ad avvertirti del suo punto di vista, stranamente e occasionalmente non richiesto ma mai frutto di un giudizio.

Rivedendo questa persona anche all’esterno e tutto intorno a me, nel giorno del proprio funerale, rilevo come la sua caratteristica di angelo al servizio degli altri sia esempio di coerenza e verità. La sua verità nel conoscere la mia intimità, i miei sbagli, i mie vizi, i miei difetti, tralasciando le parti positive, e nel non intromettersi mai. Nei gesti del suo lavoro che svolgeva per me prendeva delle libertà che ho sempre apprezzato e ho rischiato più volte di dare per scontato, pagandone lo scotto oggi e la solitudine che anche lei, con grande sorpresa, mi ha lasciato. Proprio nel giorno in cui, traballante e per nulla in buona salute, tralasciava di nuovo la propria, per aiutare un’amica colpita da un lutto il cui gatto era malato. Nell’ultima possibilità di chiedere aiuto non è riuscita ad arrivare al cancello o a comporre il numero per i soccorsi, che non potevano essere chiamati prima di essere stata ancora una volta e gratuitamente, al servizio. Angeli di questo tipo sono mimetizzati in ogni dove, confusi per altro, forse per la caratteristica di avere ali trasparenti e non necessarie al lavoro svolto. Persone che come la mia nonna, o Vittoriana, sapevi che erano nella stessa casa a dormire o a fare altro, e tu ti sentivi ancora come il bambino nella stanza accanto, accudito anche se non vegliato, protetto anche se non controllato.

Ancora una volta il domandarmi perché una morte del genere non ha senso, a favore di una domanda aperta, e senza interrogativo finale.
Come posso usare il messaggio che mi ha lasciato, e senza concentrarmi sul finale, concepirne il senso nell’intero viaggio, quei 19 anni in cui la sua presenza mi ha insegnato, consegnato, donato.

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