Apparentemente è così. Anche se si manifesta in momenti diversi, non a comando, per cui non si ha sempre pronto e a portata di mano lo strumento per scrivere. Si vivono eventi meravigliosi, ma talmente “live” che hanno le caratteristiche dei media di flusso e che giustamente, fluendo, non rimangono. Se si avesse la possibilità di appuntare frasi mentali ispirate o ispiranti in determinati momenti del giorno e della notte, sogni compresi, si otterrebbero le risposte che cerchiamo, oltre a essere notevolmente soddisfatti. Per non parlare della lista della spesa, gli appunti mentali, le intuizioni volanti, le idee notturne, improvvise…

Quella sensazione di avere qualcosa da dire, da scrivere. Ed al contempo nulla, da dire, o da scrivere. La prima sensazione prevale ma non incide. La sega mentale ti ripete che non c’è niente di nuovo da esprimere, il cosiddetto blocco della creatività. Eddie Morra risolve e sblocca aree intasate del cervello e dell’espressione grazie all’NZT, ma poi quella nuova e superiore intelligenza rimane, comunque, anche dopo il down.
La simbologia della medicina nel film di Neil Burger, Limitless, con i suoi dosaggi droganti, via via sempre più atti a cambiare le caratteristiche di base della persona, è per me paragonabile agli stati, le fasi di crescita interiore, che dose dopo dose vuole essere mantenuta e alimentata.

L’artista pittore/disegnatore, autore dell’illustrazione sopra, ha segnato in maniera profonda la mia adolescenza, l’età giovanile, i momenti critici… Segnava anche la mia domanda profonda interiore sulla vita e sui vari perché, queste opere riuscivano a far vedere in maniera semplice ciò che da materiale diventa immateriale, dal reale all’irreale. Legato, visibile e non, ma sotto gli occhi. Il nastro, su tutti, emblema di questo. Escher è forse portavoce in tempi davvero non sospetti, di tematiche quali la determinazione del tempo in relazione alla relatività dello spazio.

Scrivere qualcosa di avvincente o toccante, utile, profondo, scrivere qualcosa che suscita un sorriso o un sospiro di approvazione, esprimere a parole quella tematica che riassume un altrui pensiero scomposto, la propria sensazione che spinge ma che non ha nome. Scrivere in questi modi equivale a percorrere il Nastro di Moebius. Un po’ come passare da una dimensione all’altra. Vedere una nuova strada solo perché osservata tramite un’altra prospettiva, inizialmente non presa nemmeno in considerazione.

Quella strada esiste, siamo noi che non l’avevamo presa in considerazione, perché pensavamo non fosse possibile. In realtà, anche se realtà non è la parola giusta, altre strade esistono, nella poesia, nella prosa, nella scrittura e nella lettura. Nel sentire qualcosa da esprimere. E quando senti bene, esprimi altrettanto.
Difatti, e fortunatamente non sono uno scrittore, per me la strada è lunga.

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