Ripenso a tempo fa, quando iniziai appena seriamente a guardarmi anche dentro anziché soltanto fuori e scorgendo a posteriori le mie successive e particolari evoluzioni, rivedo vari momenti come step, tappe, o particolari click di passaggio o crescita. Inevitabilmente questo riporta alla mente anche la mia soddisfazione, volta dopo volta, e per ognuna di queste mie celebrazioni, a fronte del conseguente constatarmi nuovo e felicemente evoluto, mi viene questa frase:
“ma che coglione ero?” E sorrido dentro. E questa cosa potrei rivolgerla anche a ieri, o stamattina. E domani sarà uguale.

Ritengo però ancora molto importante un piccolo aiuto riassuntivo ricevuto scorrendo sul social in questi giorni, tipico esempio tanto semplice quanto profondo ed esemplificativo di quel “tutto”.
“Attiriamo ciò che siamo, non necessariamente quello che ci serve”. Non necessariamente sappiamo cosa ci serve se il punto di osservazione è inquinato o la visione non è completa.
Inoltre interviene come ad un quiz, un timido, “ok Mike, do la soluzione, credo”, legato alla verità assoluta sull’esistenza umana, un tema che scherzando ho riassunto quasi ironizzando con interiore dolce e amara ironia nel seguente modo. 
Abbiamo a disposizione tanto, se vogliamo cercare e guardarci dentro per capire “chi siamo e cosa facciamo qui”. Astrologia e astronomia. Meditazioni di ogni tipo e per ogni gusto, attitudine, furbizia. Studi infiniti su culture e religioni vicine e lontane, libri antichi ed equivalenti discipline assai remote, messaggi extraterrestri da decodificare, un tentativo continuo e per ampia parte affidato senza certezza, per la risintonizzazione verso il corretto ascolto dell’anima, unica frequenza “vera” da trovare, come in quei televisori anni 80, per cui a volte la rotellina aveva bisogno di essere spostata leggermente ancora, o anche alla ricerca della probabilità di trovare lo stesso canale in quella diversa ma identica frequenza trasmessa in modalità più scandita, più definita. Così come quelle interferenze a volte metereologiche che influivano anche irrimediabilmente sulla pienezza e la bellezza di quella “visione”. 
Poi però come un fulmine arriva la coincidenza o il ricordo di quella canzone, Italiana, di questo curioso e geniale quanto eclettico artista Siciliano che di lì a breve lascia il corpo, e nel messaggio lascia anche la soluzione. E che con estrema semplicità, senza dover viaggiare di un solo km, scopro che ce l’avevo già a disposizione, semplice, evidente, chiara. Già nel titolo della canzone.

“Torneremo ancora”.
Un suono discende da molto lontano
Assenza di tempo e di spazio
Nulla si crea, tutto si trasforma
La luce sta nell’essere luminosi
Irraggia il cosmo intero
Cittadini del mondo
Cercano una terra senza confine
La vita non finisce
È come il sogno
La nascita è come il risveglio
Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora
Lo sai
Che il sogno è realtà
E un mondo inviolato
Ci aspetta da sempre
I migranti di Ganden
In corpi di luce
Su pianeti invisibili
Molte sono le vie
Ma una sola
Quella che conduce alla verità
Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora

A questo punto, ed è già da un po’ che mi ronza questa cosa, mi sorge una riflessione. “Ma io, ora, ho davvero altro da chiedere? Mi sento ancora incompleto o all’oscuro di qualcosa che intuisco più grande e a me precluso?” Quel sereno ma incerto “no” che sorge turba la mia parte di cervello rettile e tutto ciò che come illusione e attaccamento della scena del mio film e delle sue metafore, mi aggrappano alla vita terrena. Cerco di non vivere nella condizione attrattiva di sapere di potere morire improvvisamente da un istante all’altro. Questo un tema previsionale fortunatamente al di fuori della mia portata, come capacità che giustamente non ho perché altro è il mio dialogo ed il mio canale. Quelle capacità di cui tutte le parti femminili mio specchio di questa vita sono ampiamente dotate, con i pro ed i contro che ne conseguono. E sebbene con l’Amore io ne sia ampiamente ripagato oggi, è abbastanza chiaro che rimango leggermente, ma con un dolce sorriso, basìto.
Chiaramente ho ancora diverse rogne di cui occuparmi, concatenate al livello evolutivo raggiunto, nodi estremamente complessi da sciogliere, nella consapevolezza però che già solo averli visti ora mi rende più cosciente, rispetto all’illusione del mio ieri ignorante. Nel domani per cui mi considererò ancora coglione. E lo spero davvero.
E allora interviene giustamente il tema di questo momento che consolida ciò che sono estremamente felice di avere  avuto e vissuto finora, e che con magia mi rende ora, pronto in ogni momento a lasciare, o a ricominciare. Come giustamente avviene nel passare una soglia.
Basito e curioso, di scoprire cosa c’è oltre la prossima soglia. Se sarà possibile, come ogni volta che saluto prima di un viaggio, in un sentito arrivederci o prima di dormire, o verso le persone che amo nella speranza di amarle ancora.

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