C’è un processo meditativo che ho imparato tempo fa, in cui ho la possibiltà di eliminare l’influenza negativa che il rapporto con una persona può generarmi. Qualcuno che ci avrebbe fatto soffrire, qualcuno che è stato “evento di maestria” per il nostro progresso interiore. Chiaramente non è quella persona che mi procura negatività, e qui so che avrò diverse opinioni contrarie, ma la proiezione di me in colui/colei, o meglio ancora lo specchio, la parte di me che assomiglia a quella persona, a quello che mi ha fatto male, mi ha dato o mi da fastidio. Riconoscersi capaci di poter fare la stessa cosa, o esserne comunque capace.
In generale perdonare quella parte di me che non mi piace e che vedo, giudicando, molto più facilmente negli altri. Chiaramente ci sono situazioni e situazioni, alcune anche particolarmente pesanti, persone particolarmente scomode, che possono averci regalato una grande lezione, in negativo più facilmente che al positivo…
L’incontro virtuale con quella persona, o situazione, passata o presente, avviene dopo un percorso di meditazione, si conclude con un abbraccio e la formula del perdono, che solo al sentirla, mi commuove.
Quando avevo trent’anni sono andato a conoscere il mio vero padre. Sapevo che ero figlio di un uomo che appena ha saputo che mia madre era incinta, se l’è data a gambe ritornando dalla sua promessa sposa e dall’amante. Cose che succedono.
Anche se una famiglia l’ho comunque avuta, l’ho fatto per non avere rimpianti un domani. Dovevo comunque conoscerlo, per una mia necessità, senza richieste né pretese, ammissioni o colpe. Sapevo come era andata perché me l’avevano raccontata e ho comunque deciso di incontrarlo.
Nel conoscerlo ho capito che il suo essere stato un “mascalzone” o un bugiardo nei confronti di mia madre o delle donne in generale, era esattamente una potenziale parte di me di cui sarei stato capace.
In mia presenza tendeva ad arrampicarsi un po’ sugli specchi, mettendo prima in dubbio alcuni evidenti ricordi di mia madre, per poi abbracciarmi con un caloroso addio quando ci siamo salutati. Nel corso degli anni poi non ci siamo più sentiti ed ho rispettato il suo desiderio di non farmi conoscere i miei fratelli. Forse questa l’unica lacuna nella mia già grande impresa, quella di andare a cercare questo, che nemmeno se l’aspettava. Fargli prendere un accidente e tremare al pensiero che chiedessi chissà cosa oltre al semplice vederlo…
Quindici anni sono passati come se niente fosse, ma io sono felice di averlo almeno conosciuto, nulla pretendevo oltre a quello.
Durante il processo meditativo di incontro con lui, arrivato alla formulazione delle frasi di perdono mi sono emozionato in una maniera inaspettata, non ho smesso di piangere, ero dispiaciuto fortemente per averlo giudicato, non per quello che era successo. Mi sono sentito autorizzato e libero.
È stato un pianto corrispondente ad una serie di emozioni che si sono sovrapposte ed affiancate: dolore, dispiacere profondo, gioia, pace.
Ho poi ripensato alla situazione, alla persona, e devo dire che effettivamente in questa dinamica mi sono sentito alleggerito, davvero più leggero.
Era la classica situazione in cui comunque ogni tanto pensavo: “ma guarda che stronzo”, ma soprattutto soffrivo perché pensavo di essere allo stesso modo potenzialmente come lui.
Ero incatenato nel giudizio e soffrivo, anche senza saperlo, per quanto io ne ero protagonista. Ero prigioniero e il perdono mi ha liberato.
“Tu hai sofferto, come ho sofferto io.
Tu sei inconsapevole, come talvolta io sono inconsapevole.
Tu fai il meglio con la tua storia, come io faccio il meglio con la mia storia.
Nonostante io non approvi le tue azioni, ti perdono.
Ma soprattutto ti chiedo perdono per averti giudicato”.