Difficile concepire e considerare ciò che avviene. Difficile decodificare le sincronie che succedono. Meraviglioso rendersi conto di quanto e cosa, in questa vita, interviene, avviene, succede, per te, e mai contro di te. Pure a monte, o a valle, di un’esperienza del genere, ho vissuto due diverse evoluzioni di me stesso, riconoscendomi, pur cambiando, pur maturando, ma sempre restando. A volte si chiede a qualcuno quale è l’età che si sente di avere, o come nel film “In Time”, da quale età in poi si ferma la crescita e si prosegue da lì.
A 17 anni, l’età in cui immodestamente e pieno di insicurezze ero convinto di poter dominare il mondo, seppur con escamotage di aiuto diabolico. Oggi comincio ad intravedere i 50 anni, e nemmeno mi sembra possibile, mi sento al centro del mondo, pur non facendone parte in modalità “massa”, ancora una volta considero di essere nel periodo migliore della mia vita. Una grande fortuna. Eppure anche recentemente ho sentito frasi relative ai “bei tempi”, o a periodi di gioventù considerati i migliori di quella vita. Sono ancora una volta fortunato. Lo ammetto. Riesco a ricordarmi di ricordarlo.
Mi è capitato nei giorni scorsi di apprezzare ciò che ho, anche ottenuto con fatica, o con dolore, osservando alcune mancanze negli altri, alcuni eccessi, insicurezze, schemi, meccanismi di giudizio o di appartenenza che non fanno altro che identificarsi, a volte in un porto apparentemente sicuro, ma perdendo la propria identità. Ma ricercare la propria identità è un arduo lavoro, scoprire “chi sei veramente” è un impegno che sfocia nel sacrificio di mollare tutte le resistenze, ammettere i propri schemi, accorgersi dei propri comportamenti programmati, educati, di ogni volta che si lascia andare il pilota automatico, dell’ammissione dei propri errori. Del rendersi conto della natura dei propri desideri, di ogni volta che desideriamo qualcosa, qualcosa depotenziato dalle tre piaghe, e cioè brama, paura e senso di colpa, e di ogni volta che non consideriamo che ciò che vorremmo, per quanto materiale sia, dovrebbe sottostare ai comandamenti dell’amore universale. Desidero qualcosa che sia per il mio bene, per il bene di chi amo, e per il bene di ogni essere vivente. Davvero difficile, ma non impossibile.
Così come scoprire “chi sei veramente”, difficile, ma non impossibile, specie se sei disposto a spostare il punto d’osservazione, osservarsi esternamente e senza pregiudizio, spegnere ogni fascia d’orgoglio, proprio quella via d’uscita dall’orgoglio e le venalità che i Negramaro giustamente descrivono in “oltre quella stupida rabbia per niente, oltre l’odio che sputa la gente, sulla vita che è meno importante di tutte le cose che non sono niente…delle cose che ognuno rincorre e non se ne accorge che non sono niente…”
Io sono fortunato, ma la fortuna aiuta gli audaci, e soprattutto, aiutati che Dio t’aiuta, quest’ultima frase è un grande insegnamento familiare ricevuto, oltre al corretto ringraziamento che non devo dimenticare di restituire. Poi rimangono le insicurezze, le incertezze, ben vengano quelle prove. Ben venga l’amore se mi amo, se vibro a quella frequenza, ben venga la materia che mi serve, l’esperienza che la mia anima ha scelto per me, non come punizione, ma come prova, che sa che posso superare, e che mi donerà la saggezza che mi serve, l’evoluzione al mio livello superiore, quello in cui ciò che desidero oggi arriva a me perché non lo sto più cercando.
Poi adoro spostare il mio punto di osservazione all’esterno di me, sempre più lontano da me, fino a vedere l’ammasso locale, la galassia, gli universi, l’infinito, e allora mi rendo conto della nostra insignificante ma prepotente importanza, della nostra assurda ma autorevole necessità, di quanto siamo Tutto e Niente.
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“Ben venga l’amore se mi amo, se vibro a quella frequenza, ben venga la materia che mi serve, l’esperienza che la mia anima ha scelto per me, non come punizione, ma come prova, che sa che posso superare, e che mi donerà la saggezza che mi serve, l’evoluzione al mio livello superiore, quello in cui ciò che desidero oggi arriva a me perché non lo sto più cercando.”
“…la mia anima ha scelto per me…”
C’è una dualità tra il Tu e la Tua Anima?
Non siamo noi stessi, ossia la nostra Anima, ad ascoltarci, lasciando fuori l’Ego da ogni dialogo interiore?
Non siamo noi, in sintonia con il Tutto, a chiedere? Non siamo noi a lasciare al Tutto il compiersi, nei modi e nei tempi senza più occuparcene/preoccuparcene?
Ti senti staccato dalla Tua Anima?
La vedi/ la senti staccata dal Tuo essere?
Quando ti interroghi, a parlarti, non è forse la Tua Anima?
Cc.*