*Scrivevo queste poche righe che seguono, in un momento di mattiniera ispirazione il 15 novembre 2024 senza continuare, senza esprimere nulla in particolare, ma soprattutto senza concludere e senza pubblicare, per cui riporto oggi e concludo, provvisoriamente in fondo.

Sembra incredibile eppure è così. Nessuno escluso ma ci siamo ritrovati in una situazione che integerrima non lascia spazio a nuove interpretazioni. La dinamica dell’aiuto è all’ordine del giorno e suscita interesse legato alle dinamiche per cui possa davvero avere a che fare con me. L’aiuto va dato solo a chi te lo chiede. Primo comandamento. Non giudicare, ma nemmeno assecondare. Altro comandamento a parimerito. A volte alcune dinamiche forgiano risposte in noi che vengono suscitate da esperienze pregresse che sono influenzate a loro volta dalle nostre identificazioni, dai nostri personaggi, dalle nostre convinzioni e schemi. Cosa sta succedendo in questo periodo? Vedo affondare diverse navi, temo per la mia. Eppure non dovrei, anche se riporto alla mente ogni dinamica per cui avrei spazio di scelta. Sto scegliendo. Sto effettuando quella scelta su una base di ipotesi o possibilità. E quali sono queste scelte? Quali le possibilità? Nessuna. In fondo non vi è nessuna scelta. Non vi è nessuna vita o nessuna ipotesi legata alla nostra possibilità.

Fino ad ora ho vaneggiato. E ne sono cosciente. Non vi è un tema ne una coerenza. Eppure andava così e non mi veniva di meglio. Gli alieni che vagano e spaziano nell’antimateria di questo sistema solare sono pronti a prendere qualche anima come appoggio e lo fanno senza dualità, non avendo intenti di natura positiva o negativa, ma solo a salvarsi. Mi viene in mente il film che recentemente ho visto tre volte per capire che il ragno, alieno, si approccia alla vita dell’astronauta, perché sente il suo bisogno di aiuto e coglie lo spazio di inserimento. E lo fa come dicono alcuni, senza dualità, ne per bene ne per male, ma semplicemente per trovare uno spazio in cui vivere, la prerogativa unica per ogni essere spirituale alla ricerca di spazio vitale. Il film si chiama Spaceman, ed è consigliato per ognuno che voglia analizzare il proprio male di vivere in relazione al segreto dell’universo e della vita. Già, perchè ogni nostra sofferenza è un segno relativo al nostro vivere, specchiato nel mondo circostante, specchiato nella nostra realtà. E questo mio vivere e soffrire è indissolubilmente legato a ciò che io chiedo, ciò che io proietto. Oggi ho riflettuto su ciò che io chiedo. Due pani e due pesci, recita il passaggio biblico per cui qualcosa va messo, per ottenere il miracolo richiesto. Aiutati che Dio t’aiuta. E ancor meglio, il senso di colpa tipico da depotenziamento per qualcosa per cui, se chiedo, devo mettere qualcosa in cambio, come l’agnello sacrificale. E chi può dirmi che, la modificazione della realtà sia esente da questo comandamento, chi può dirmi che la magia non sia esterna al mio non chiedere, se convinto che ho già tanto e non dovrei permettermi di chiedere oltre. Sebbene sono convinto che questa difficoltà ritorna perché non l’ho ancora affrontata nel giusto modo anziché giocare un jolly utile un domani. Ma chi mi dice in fondo, che per me il domani ci sarà? Sono confuso, ma felice perché dietro queste incertezze si cela inesorabile un’evoluzione.

Ma di cosa stavo parlando questa volta? Di nulla, e di nulla si tratta.

*La parte precedente riguarda un discorso molto più ampio nella mia testa per cui ancora oggi vivo nell’incertezza di dover prendere alcune decisioni per smettere di vivere difficili dinamiche che si ripetono continuamente.
Sto male ciclicamente sempre negli stessi modi ed apparentemente manifestando gli stessi simbolismi interiori ed emotivi.
Vi sono tre o quattro periodi dell’anno in cui l’incertezza materiale ed economica mi appesantisce al punto di riflettere sul non avere costruito nulla. Nulla di tangibile, nulla che possa rimanere, nessuna traccia del mio passaggio, e quest’ultima affermazione espressa nella speranza che venga intesa ancor prima da me, come priva di ego.
Un’altra parte del dubbio riguarda il timore di prendere una decisione nel momento sbagliato, e seppur cambiando ritrovarmi in una condizione peggiore, ed in questo momento, non so se fisicamente potrei riuscire, sono troppo debole e giù.
Cosa sono venuto a fare qui, e soprattutto, all’alba di questo finale del kali yuga, chi lo chiama “fine del corridoio”, o del termine dei cent’anni del demonio, o spettatore della “probabile” fine di questa agenda illuminata, ecco appunto soprattutto, come sto sfruttando questa opportunità di esserci, di esserne presente, spettatore, fruitore, e mago nel palcoscenico di tutto questo teatro. E’ un momento particolare, la fine si trascina dal 2012 verso un nuovo inizio o una transizione che richiede tempo e tumultuosi smottamenti. La nave sta cambiando rotta ed i passeggeri sentono lo spostamento da una traiettoria all’altra perdendo spesso l’equilibrio, rischiando più volte di cadere e pur cadendo, nella speranza di arrivare sani alla destinazione, dove, chissà, probabilmente si respirerà aria nuova, ci si guadagnerà l’accesso a quel “poi” che terreno o spirituale crediamo di poter vivere o aneliamo al prenderne parte.
Tante persone intorno a me mi hanno accompagnato fino a questo punto e ho anche percepito il loro sacrificio per fare in modo che io mi trovassi qui, ed ora.

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