Nell’oscurità di quell’ambiente ci sono figure e loschi figuri. Immagini e immaginazione. Energia e frequenza.
Un periodo giustamente o ingiustamente di ”forzata reclusione” da lockdown mi ha permesso di curare alcuni dettagli che apparentemente arredando hanno arricchito un luogo che sembrava già pieno ed ora lo è davvero al limite.
Se prima era una situazione da accumulatore seriale del passato, molto è stato gettato e sostituito con il nuovo, tanto è stato “ritrovato” e rigenerato, così come il tanto riscoperto e riutilizzato.
Praticamente ho scritto quattro righe inutili.
Fatto sta che ora quel luogo assomiglia simultaneamente e contemporaneamente ad un tempio, un harem, un souk, una galleria d’arte di un artista maledetto(o benedetto), un Buddha bar con riflessi irlandesi, un cinema, una sala di intrattenimento, un hotel, una casa, un nido, un rifugio. Volendo, assomiglia tanto a quello che era prima.
Un luogo dove è possibile assaporare e sperimentare il silenzio e della propria interiorità. Con il giusto impegno e disciplina. Ma anche un luogo dove potersi sentire soli e assoluti, tristi e fieri.
Un luogo dove trovare la dualità nell’uno.
Ma l’impegno ci vuole e la scenografia è solo scena…