– Che faresti se dovessi rivelare la cosa più importante del mondo sapendo di non essere creduto?
– Beh, ci proverei!

Bellissimo il doppio e incrociato scambio di battute tra Denzel Washington e Paula Patton in Déjà vu – Corsa contro il tempo, splendido film-terapico del 2006 diretto da Tony Scott. Tra l’altro incrociato su due livelli paralleli e quantistici di una determinata linea di realtà.
Per rispondere a loro, direi che è impossibile. Eppure oggi è tutto impossibile. Siamo al teatro dell’impossibile. Ed è sotto gli occhi. L’ennesima dinamica che si rivela tale e che giorno dopo giorno rimarca dove siamo giunti.
Proprio oggi coniavo questa frase: è stato perfezionato un mondo dove la stupidità è talmente comune, che l’essere svegli si rivela frustrante. La coniavo però in preda ad un’emozione depotenziante. E cioè con un livello di attaccamento poco salutare.

Ci si erano messi già i Toltechi a lasciarci qualcosa di utile come lo schema dei livelli di attaccamento. Dal più alto al più basso sono in quest’ordine.
– Fanatismo
– Interiorizzazione
– Identificazione
– Preferenza
– Sé autentico

L’elenco manifesta i gradi di una scala, dal più materiale al più puro, una scala di misurazione della profondità di livello in cui noi perdiamo la nostra identità sulla base di qualcos’altro. Si rivela utile riferirsi all’esempio della fruizione della gara sportiva, dove al livello più alto, come dice la parola, in nome di quella bandiera, ciecamente, si è disposti persino ad uccidere. Al livello più puro l’osservazione “esterna” della partita rappresenta il godimento dell’esperienza visiva come un viaggio di arricchimento, in cui il risultato è un dettaglio che non esiste.
Spesso mi cadono le palle vedendo che l’identità di molte persone sia svanita all’ombra di determinate bandiere. E queste battono fronte ai tre eserciti del nuovo ordine mondiale, cioè sanitario, educativo e militare.
Ci mancava però il popolo, ed ora ci sono riusciti. La paura di morire non appartiene alla vera identità dell’essere umano. L’essere umano, convinto di vivere espletando e proteggendo correttamente il paradigma mangiare-dormire-riprodursi, ha perso nella sua media più alta la conoscenza di quello che dentro è davvero. Essere identificati in/con qualcosa, cioè nel grado medio, sarebbe già un eccellente risultato. Un risultato di ovvie proporzioni, ma pur sempre una chimera.

La scienza, la fisica, la quantistica, e chi più ne ha più ne metta, hanno spiegato con dovizia di particolari innumerevoli dinamiche che questo mondo e anche il suo esterno ci nascondeva. Eppure ci sono dei funzionamenti primordiali che sono senza risposta. Sappiamo tutto o quasi di stelle, pianeti, singolarità, distanze, misure, ci si era messo anche Einstein a dare una mano con la sua fantascienza che si è poi rivelata regola, di fatale aiuto.
Eppure il famoso big bang non ha tuttora una valida teoria che appuri da cosa è nato, o che cosa l’abbia causato, scatenato, acceso.
Una serie di scomode domande che ho sempre posto è: cosa è che dà la scintilla per cui “inizia a battere un cuore”, “inizia la vita”, cosa alimenta il motore della vita, cosa alimenta il respiro ad esempio?
Non è una semplice serie di domande ad create hoc per impressionare il prossimo. Erano le domande che innanzitutto io mi facevo sin da bambino, ansioso e stretto dentro a quei libri che spiegavano, ma si fermavano ad un certo punto. Ma nulla si ferma. Altrimenti l’universo sarebbe finito, racchiuso, anziché esteso ed infinito.
Dò la soluzione, dicevano sorprendendo il pubblico nel famoso quiz.
L’essere umano non è un semplice ammasso di tessuti, cellule, sangue, acqua, ossa. Non è le sue convinzioni, ciò che ha studiato, cosa ha guadagnato, cosa pensa o crede di essere, o peggio ancora cosa l’hanno convinto di essere. Non è il suo passato né il suo futuro. L’essere umano ha un potenziale che è inimmaginabile, anche per se stesso. Esso è semplicemente ma magnificamente pura energia.
Così come il mondo che lo circonda, analizzato ai minimi termini, con l’ausilio della (vera) scienza, è rilevabile come energia, che per livelli crescenti prende la forma della materia. La luce, fonte di vita, è una forma di energia. Il vento lo è, così come i moti ondosi e le onde radio. I pensieri, di qualunque tipo, sono forme di energia, che si muovono per reti neurali come è appurato per la forma di energia più diffusa, quella elettrica.

Qui non cerco davvero di portare nessuno dalla parte di questo pensiero. Questo pensiero è semplicemente l’innegabile verità. Ma la negazione è diventata narrazione, quindi reale, via via come la nuova normalità. Ma per me la normalità non esiste, essendo essa una definizione di qualcosa, basata su un’altra. Qui non devo davvero far proseliti, azione di cui sono stato attaccato l’ultima volta che ho messo in dubbio, commentando su un social-network l’atroce ed inascoltabile consiglio letto in un post riguardante la puntura nel deltoide, spinto e farcito di paura, rispetto (per non so chi/cosa), e addirittura responsabilità. Già, tuttora stento a crederci, come io possa essere responsabile della salute del prossimo, quando non ho imparato cosa sia la responsabilità nella sua profonda valenza.

Un’altra citazione da Bertold Brecht mi piace rispolverare oggi e celebrare attuale come non mai:
– Ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati.

Quindi sì, ci proverei, come nel film, ci ho provato. Forse potevo farlo meglio? Boh, non saprei, forse volevo farmi notare? Facevo meglio a tacere? Chissà. Probabilmente ero identificato con la verità, ma non abbastanza per apprezzare la perfezione di ciò che succede oggi. Dovevo e potevo semplicemente osservare, senza giudicare.
Forse ha sempre ragione Virgilio, che nel portarsi via Dante intento ad osservare gli ignavi, gli risparmia il tempo necessario a se stesso.

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