Tre giorni. Tre giorni immensi. Tre giorni per cambiare, tre giorni per restare. Tre giorni per ritornare.
Ripulire le memorie, ripulire le ferite, coperte come cerotti dalle maschere. Le maschere che indossiamo che diventano inevitabili rimedi automatici per sopravvivere. Ma cronici come un acciacco che sai di non aver voglia di curare. Poi però quando decidi di mettere il dito nella ferita, che è diventata piaga, il dolore aumenta. E la sua completa rimarginazione richiede tempo, fatica, cura.
Chi siamo noi veramente? Tolte le maschere, le memorie, tolto tutto il materiale legato all’aspetto, all’aspettativa. Bisogna andare in profondità. Al buio dell’anima per scoprire e ripercorrere il sentiero del vero Io. Che non è quello che siamo abituati a pensare. Solo dopo una discesa così profonda sapere di risalire guidati dalla nostra luce, può essere Via, data la natura della nostra anima. Ripreso il contatto con il nostro essere non può che esserci amore, e tutto il resto è perfetto. Silenzio della mente dopo quello della voce, per favorire il rimanere nello spazio.
Un’esperienza splendida. Nemo è il mio nome. Rispecchia l’opportunità. Di essere media tra mente e sentire. Il Mio Viola.
Un bagno di umiltà. Necessario. Profondo e globale. Che bello essere ritornati. Che bello farsi sorprendere, lasciarsi sorprendere. Che bello piangere dalla gioia. Che bello essere me. Stare in quello spazio presente, quello del dono, quello in cui sai cosa sei. Sai chi sei. Sei Dio. Dimenticare il nome di Dio, peccato umano originale che questo battesimo ha nuovamente purificato. E benedetto.