Stavolta non riesco proprio a stare in silenzio.
Sono settimane, mesi, che osservo gli esèrciti all’opera. Come già precedentemente scritto tra queste pagine, abbiamo a disposizione tre forze, armate o meno, che eseguono gli ordini impartiti. E non vedo nessun supporto, o sostegno, nell’esecuzione di questi.
In film come Full Metal Jacket, si vede chiaramente il sopraggiungere della coscienza dopo anni, che mette in discussione l’operato passato, sulla base della fiducia alle azioni eseguite, sull’etica che in alcuni casi si evolve, che in quei casi ha portato a crisi gravissime, crisi di identità, di verità, mettendosi in discussione, quasi a processare le proprie azioni, fino al suicidio.
Esercito armato, esercito sanitario, esercito dell’istruzione. Si eseguono ordini. Ogni giorno ne sento di più grosse.
Come esempio di manipolazione si vuole paragonare il bavaglio imposto con il casco sulla moto. Si continua a discriminare chi non si adegua o perlomeno protesta, si tende a non pensare, non ci si fa domande. La maggioranza è troppo comoda per lasciarla così, senza tra l’altro porsi alcun dubbio. E’ tutto scritto e impostato.
Non si ha la minima intenzione di considerare che non ci sono solo buoni e cattivi. Probabilmente al di là del carro dei vincenti, ci sono persone che non è necessariamente detto siano per forza in errore. Ma è fin troppo semplice. Sento questa parola, che finisce con “ista”, e mi viene un freddo allo stomaco. Lo stesso freddo che sento quando vedo l’estensione capillare mondiale di questa farsa, questo falso allarme, questa mancata emergenza. Si muore invece oggi con più facilità per tutte le altre cause, malattie vere, condizioni trascurate per protocolli senza criterio.
Come risultato, che per me è tangibile, si hanno scontri d’opinione. Scontri gravi, perché in nome di qualcosa di non dimostrabile ci si batte fortemente, e sinceramente, rimpiango gli sfottò razzisti o sportivi… almeno eri libero di lasciarli lì, nel luogo del tempo in cui esistono. E non esistendo non avevano valore. Questa cosa odierna non ha nessun valore relativo al peso che gli si sta dando eppure non è così. Ho letto classifiche di morti al giorno, per patologie vere, per incidenti, per fame, e continuo a chiedermi dove ha gli occhi la gente.
Una frase di un film o libro, al momento non ricordo: “non ha forse occhi un ebreo?”
Non ha forse occhi, mente, coscienza un terrestre?
Non è un problema politico, bianchi, gialli, verdi o blu. Non è una scelta da schieramento politico. Basta guardarsi intorno più in là del proprio pollaio. Basterebbe affacciarsi, in piedi alla recinzione, per vedere che le direttive sono mondiali. Alcune, se non tutte le indicazioni restrittive sono in atto in tutto il mondo. Nemmeno l’estensione pubblicitaria di una novità dalle multinazionali ha una diffusione così estesa e capillare. Alcune innovazioni globalizzanti incontrano difficoltà o ritardi nel percorrere tutte le culture proprio a causa delle stesse, delle condizioni culturali ed economiche. Vorrei vedere i bambini che muoiono (da sempre) di fame come possano essere costretti a vivere imbavagliati. In realtà non vorrei vederlo né saperlo, per il dolore che mi creerebbe.
Anche io non ne sono pulito e immune. Non dovrei soffrire l’ignoranza, l’ignavia, e la rabbia che vedo esternamente a me.
Soffro semplicemente l’imposizione ipocrita, la restrizione inutile, la cecità. La cecità. Sì. La cecità di fronte al televisore, di fronte al giornale, di fronte all’altrui cecità e sordità. Soffro. Il problema che ho è molto grave. Devo necessariamente trovare altri modi naturalmente coerenti con me per trasformare tutto ciò, senza indigestione, senza ammalarmi (veramente) del dolore di tutto ciò.
E’ vero. Fa parte del sentiero scelto. Tutta l’umanità lo ha scelto, in modi diversi, ed il problema non è la resa e adattamento oppure il contrasto o la negazione. Piuttosto cogliere il messaggio evolutivo. Già. E cadere nella rabbia, delatrice o indicatrice, è il più semplice degli errori.
Una sorta di freno a mano tirato mentre comunque l’automobile ha innestata la retromarcia. Il guaio è che si pensa di stare andando avanti.