Ero intento a ricaricare alcune casse di merci e attrezzature appena imballate nel furgone, avevo anche tirato un paio di porconi per essermi come al solito un po’ scannato le mani, e c’era questa donna, questa signora, una bella signora con occhiali scuri signora leggermente anziana con occhiali scuri e sigaretta che ho notato mi guardava. Forse avrà sentito le mie madonne, ho pensato, eppure ogni volta mi girassi nonostante gli occhiali pensavo ce l’avesse con me. Lo scenario era quello del parco Giardini Margherita di Bologna, un lunedì di fine maggio di quest’anno seguente ad un weekend davvero intenso, sia lavorativamente che di spunti e doni precedentemente ricevuti. Il parco i giorni prima gremito di persone era oggi davvero semi desolato e deserto, e queste signore sulle panchine alle spalle di ciò che rimaneva del mio stand, se la passavano serenamente al sole di una giornata con pioggia variabile che ci ha graziato. Sia metereologicamente che emotivamente.

Difatti nei giorni scorsi a fianco avevamo dei colleghi che con tutta probabilità ci avevano rubato uno zaino proprio lo scorso anno durante l’allestimento, con un trucco vecchio quanto il mondo, e cioè il palo che ti distrae mentre il complice apre la portiera del furgone per sottrarre ciò che vede come succulento. Lo zaino era quello della mia socia, che con indiscusso aplòmb non batteva ciglio e allo stesso modo individuava i colpevoli senza coglierli sul fatto, a fatto già avvenuto, e priva dei suoi documenti e del contenuto del suo zaino, e portafoglio, con oggetti a lei cari da svariati anni, proseguiva nel suo percorso. Un paio di settimane dopo una ragazza la chiamava dopo averla rintracciata in quanto titolare di questa società per comunicarle che aveva ritrovato il suddetto zaino buttato in un fossato dello stesso parco, ancora contenente tutti i documenti, intatti, al netto del denaro e degli occhiali. Il karma ricompensa, sempre. Non posso dire lo stesso per me, per cui a settembre dello scorso anno dimentico, o perdo, o mi viene sottratto il portafoglio, probabilmente in un ristorante di amici sul lungomare Mergellina a Napoli. Non è stato tutt’ora mai stato ritrovato né alcunché al suo interno, simbolismo da me interpretato come il fatto di non avere più quell’identità, per cui da Napoli a Bastia Umbra, luogo della seguente ed immediata fiera, ho guidato senza alcun documento e senza nessuna denuncia, denuncia effettuata appunto a Bastia, nuovo luogo di emissione stampato sulla mia nuova carta d’identità. Divertente quanto stimolante la sensazione di non aver perso davvero nulla, al di là delle centinaia di euro contenuti, dei piccoli oggetti che conservavo all’interno, alcuni probabilmente oggi sconosciuti, i classici oggetti, di piccolissime dimensioni, o anche grandi, magari oggetti casalinghi, di cui non sei portato a disfarti quasi supposto a contrappasso da cervello rettile per scaramantico possesso. Oggetti la cui ormai inutile utilità rappresenta un ricordo, o un momento, o una ipotetica protezione che inevitabilmente appartiene al passato e che via via perde il suo significato o funzione originale. Di sicuro, rileggendo lo smarrimento di quell’oggetto, portafoglio e documenti, di cui alcuni sono stati riemessi ex novo, suppongo che la mia identità precedente non era più necessaria, quindi era da lasciare indietro, e stavo affermandone una nuova.

Quindi, ritornando al paragrafo precedente, ritrovo come la scenografia intorno sia notevolmente cambiata, pur mantenendo geograficamente la stessa connotazione. Questa donna, questa signora mi fissava, senza che io sapessi il perché, eppure sembrava conoscermi. Eppure sembrava familiare, nonostante l’indiscussa estraneità. Questa donna, si è avvicinata ad un certo punto verso di me, indicandomi, provando a pronunciare qualcosa, senza riuscirci. E’ stato in quel momento che nel riconoscere in lei la patologia di alzheimer, ho capito che mia nonna mi diceva qualcosa. Qualcosa che mi viene ricordato ora, a distanza di una ventina di giorni, alle prese con evidenti problemi tutti intorno a me, e per cui le indicazioni da lei ricevute si stanno avverando via via senza esclusioni. Dovunque io volga il mio sguardo, intorno a me, stanno crollando diverse dinamiche precedentemente costruite, come una grandissima prova, non ultimo un gravissimo problema familiare che potrebbe culminare da un momento all’altro in un lutto. Il lutto di una persona che rispetto e amo al pari della mia stessa madre. Anche economicamente sto vivendo una mancanza ed un deficit notevole. Altri miei familiari vivono situazioni in cui si naviga a vista, situazioni di precarietà, o di tossicità. Anche le figure con cui collaboro mostrano specchi di me che parlano di ego, di capriccio o di ignavia, o di ferite o maschere che creano personaggi scomodi, di contrasto, di lotta, probabilmente interna. L’eterno osservare esternamente criticando, anziché guardare dentro.
Curiosa lettura quest’ultima, per cui penserei che, nonostante tutto, osservandomi dentro mi ritrovo a posto, e sono tranquillo, ma per come stanno le cose al mio cospetto rimango dubbioso. Chiaro, non tutto è perso né da buttare, anzi, vivo una prova notevole, un insieme di notevoli prove destinate agli audaci, o perlomeno voglio vederla così. Le soluzioni e gli aiuti arrivano sempre, è vero, se non li rincorri con il fiato corto.

Probabilmente mia nonna, i miei maestri, la mia coscenza e la mia anima stanno sollecitandomi a vedere di più dentro di me, a riconoscere la mia vera identità, ed il mio scopo trasformativo deve essere orientato nella direzione migliore, migliore della precedente, da abbandonare con fiducia come la precedente identità simboleggiata dai documenti smarriti.

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