Alcune volte succedono cose. Succedono sempre cose. Altre volte succedono cose inaspettate. Altre ancora succedono proprio quelle cose, quelle che ti aspettavi in altri momenti ed attendevano proprio quella tua distrazione per manifestarsi. E allora il colpo è ancora più grande. Succede quella cosa che simboleggia il karma di tutte le tue scelte, il momento in cui andavano fatte, il perché non le si è intraprese, le inutili risposte, e le evidenti conseguenze. Astrattamente non voglio dire nulla. Però c’è evidenza in alcune dinamiche per cui, ci si ritrova in una situazione di cui si è l’unico artefice e colpevole, situazioni magari irreversibili, a cui bisogna necessariamente adeguarsi, come la capacità di discernere il dono in quell’evento, impossibile al momento, ma profondamente ed esclusivamente “per te”, anziché contro, come si suol considerare ogni dura prova nella vita.
In quel frangente hai la netta percezione che ciò che ti sta accadendo non ha via di fuga, sempre per i motivi di merito di cui sopra, ed ogni epilogo possibile non fa felice nessuno. E questo è proprio uno di quelli. Così come quando, il giorno 2 febbraio, opportunamente la candelora, offuscato dalla mia ansiosa agitazione, retrocedevo colpendo fragorosamente una macchina prima ancora di fare suonare i sensori, immediatamente mi rendevo conto che la situazione che mi si prospettava non aveva possibilità di ritrarsi. Nonostante tutto. Poi, complice una profonda crisi introspettiva sulla mia natalità già in atto, ho cominciato a camminare nella direzione della trasformazione, dura, come il boccone da ingerire, forse i denti poco buoni, forse l’esperienza necessitava questo step di crescita. Difatti da piccoli, ma non solo, i grandi passaggi di crescita coincidono con particolari febbri o malattie… Un momento di particolare e profonda sofferenza, fisica ed emotiva, che però delinea quel momento, liminare crepuscolo del passaggio, dell’evoluzione che si sta attuando.
Nulla sarà più come prima. Quello è certo. E benvenuta novità, benvenuto cambiamento, che come nelle favole si immagina in un certo modo. Quello del “vissero felici e contenti”, illusorio e falso più della banconota da 15, ma necessario per capire che per alcuni le situazioni stabili vogliono dire involuzione, anziché il suo contrario. Nulla sarà più come prima anche per le mosse effettuate, che determinano la propria capacità, come un’amputazione, o un’estensione. E quando mi sono sentito pronto per questo grande cambiamento, ecco che ne avviene un altro, spiazzante ed inaspettato, che come una palla da bowling che con un tiro senza tecnica, spazza via tutti i birilli, con lo spettatore attonito ad osservare la scena con stupore e pacata illusione. E questo ulteriore e sorprendente cambiamento, ripercuote la sua inesorabile capacità di lasciarti senza parole, senza risposte, ti mostra quanto in basso eri sceso, quanto umano sei, quanto amore dai, quanto ne chiedi, seppur ti senti senza cuore. Seppur ti senti colpevole d’omicidio.
Eppure in questo giorno quella voce di ti dice di ripartire, di ripartire da ciò che sei e ciò che hai. E’ il giorno 1, una nuova opportunità, una nuova possibilità, l’inevitabile opportunità, obbligata per chi non vuole buttare via il percorso intrapreso finora. La voglia di morire si deve tramutare in trasmutazione, in ricambio, in sangue che rinnova, lascia morire quella parte, e riprende, nuova, da dove hai lasciato.
Già, ma quale parte di te hai lasciato in cambio della nuova?