Il personaggio Franco è qualcuno che in pochi conoscono.
Forse quasi nessuno. E lui per primo, sapeva nei momenti, quali ruoli gli competevano.
Responsabilità e audacia, pelo sullo stomaco, cruda e disinibita ironia nell’armonia disarmante di una ristorazione tradizionale e senza tempo, ma inimitabile. L’unica, forse, nel riminese, che può continuare anche dopo di lui. La prima domenica che mi hanno portato lì, potevo avere dai 18 ai 20 anni, una domenica a pranzo in cui gli odori mischiati all’attesa mi hanno trasportato in una culla, che rappresentava Casa. A quel tempo l’appetito mi correva dietro come una malattia incurabile e insanabile, e quello era un luogo in cui ogni portata aveva il sapore di ciò che desideravo, composto in un modo che era esattamente ciò che non immaginavo avrei amato così tanto. Poi c’era lui, conosciuto da tutti di nome e di fama, più per sentito dire che per visto davvero.
Difatti il personaggio Todro lo conoscevano tutti. Padrone di casa inestimabile ed inarrivabile, perché ogni dettaglio alimentare era farina del suo sacco. Capace di intrattenere con l’ironia, la strafottenza, e la capacità di prendere in giro chiunque con una “pataccata” che mai ti immagineresti di poter sentire al ristorante.
Io me lo ricordo in quel personaggio, ma anche nell’altro, il cui ruolo differiva dal momento. Un po’ come il protagonista a sipario aperto o chiuso. Ed in quell’altro personaggio vedevo l’inevitabile altra faccia del comico, l’uomo a volte anche stanco o di cattivo umore, quello che si fa una passeggiata, un cocktail e una sigaretta, una persona seria, profonda, corretta e neutrale, diametralmente opposta a quella del personaggio precedente. Mi piaceva quella persona, che ogni tanto passavo a salutare fuori orario, momenti in cui riposava o faceva altro, magari al bar, per poter parlare del più o del meno, o con due parole prima di liquidarti riusciva a farti percepire l’esserti amico o quasi genitore, con un consiglio paterno o una battuta veloce senza incedere in stupidi narcisistici o concorrenziali garbatismi. Una presenza amica e vicina, di poche e giuste parole, come al funerale di metà giugno a cui ha partecipato a sorpresa e mi ha sorpreso, e la stessa presenza ora mi mancherà al suo, mercoledì prossimo.
Potrei ricordare le innumerevoli risate, le inconfondibili gag, la sua sorprendente simpatia e capacità di intrattenerti, oltre a quella, suprema, di metterti al tuo posto, in maniera direttamente proporzionale alla tua puzza sotto il naso. Le sue idee in cucina, la mano, l’occhio e tante altre cose che poco valgono ora rispetto a quell’amicizia paterna onesta e corretta, neutrale e schietta, in maniera cruda e Vera, come il suo nome.
Ciao Franco, grazie di tutto, ci vediamo di là, starai ridendo di noi con chi sai tu ora.

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