L’altro ieri bruciavo, letteralmente. Qualcuno mi ha addirittura detto che emettevo calore percepibile a distanza. Difatti almeno quel giorno il fenomeno di Reynaud non si è verificato, eppure ho preso lo stesso freddo alle mani dei giorni precedenti. Una giornata dalla tensione eccezionale, a margine di tre/quattro, forse molte più, settimane da incubo, una vera e propria escalation, in cui non sono riuscito a gestire le emozioni che mi sono arrivate. O meglio, la responsabilità su ciò che vivevo, e come dice la parola, come reagivo. Al di là del fatto che la mia delusione di me stesso, relativa a ciò che proiettavo e che mi si prospettava, era forse la più fastidiosa e faticosa dinamica che potessi digerire, fisicamente mi sono sentito debilitato, senza sonno, senza vita, destinato ad una decadenza mortale irreversibile. Perlomeno questo è quello su cui ero sintonizzato. E ancora non me ne sono liberato, sono però qui a scriverne, dopo settimane alla ricerca di colpevoli, errori, specchi, tutto al passato. Sono stato capace di litigare con tutti. Davvero tutti. Con alcuni andavo a fondo, facendomi anche male, con altri evitavo, ci rimanevo silenziosamente ed impassibilmente male, oppure tagliavo e me ne andavo. Sebbene nel frattempo ero capace di evolvere, e ammetto che in questi dieci giorni ho svalicato cime tempestose, comunque il mio status fisico ne risentiva, e soprattutto, la mia condizione psico emotiva era davvero a terra. Tra le varie scuse che potrei accampare, citerei soprattutto la situazione familiare allo sbando per cui oltre ad un panorama di grave mancanza economica, sono diventato genitore senza potestà e responsabile senza responsabilità della vita e del destino di persone e di alcune dinamiche che improvvisamente sono crollate, sebbene le crepe erano visibili, eccome. Rifletto anche su quanto dolore io sia capace di ottenere, attirare, causare, ma anche di affrontare, di gestire, di digerire, anche se a fatica. E lo stesso vale per altre dinamiche, quali i contrasti, le incomprensioni, i miei errori, le conseguenze, gli specchi degli altri, e, come spesso evinco, quello stupore in pieno stile Truman’s Show, per quella irreale situazione, sperando sia uno scherzo, in cui ti chiedi se quello che stai osservando o subendo sta succedendo davvero oppure stai sognando.

Per ogni persona che vedo avere una dissonanza o una asimmetria cognitiva o comportamentale, piuttosto che una semplice difformità tra le varie parti, ed in questo periodo questa visione è davvero frequente, rifletto immediatamente su di me. Ed ogni osservazione è corretta. Immediatamente guardo dentro e rivolgo a me l’origine di ogni commento. E sono chiamato ad osservare con attenzione ogni mio atteggiamento o frequenza di quel tipo. Lo stesso vale per gli scontri a cui assisto, o ai quali prendo parte. Idem per le mancanze di coerenza e la scadenza nella menzogna, tutte in-coerenze che spiccano come una pecora nera in un gregge. Tutte dinamiche che mi si presentano come la ricezione di uno schiaffo inaspettato. E tutte, mentre ancora sono intontito, ferito e dolorante, mi spingono a guardarmi dentro, là dove c’è il generatore e il magnete che creano e attirano tutto questo.
Devo leggere il messaggio e sintetizzarne il senso, non concentrarmi sullo specifico. Astratto e tale per cui devo necessariamente individuare e fissare dentro di me l’unico dovere che non ho compiuto. Pur credendo di farlo, non è stato fatto a sufficienza, o in taluni casi l’ho proprio evitato o dimenticato. C’è un filo conduttore che riporta a tutto. E che come al solito sono qui a risottolineare.
La mancanza di presenza, la “dimenticanza di se”.

L’esercizio di guarigione è ora rivolto ad uno sforzo. E con le poche energie che ho è ulteriore punizione. Lo sforzo è quello di mantenere quella presenza ancora di più, ricordandomi di ricordare. Niente di più, come recriminare per una distrazione che ti costa caro, oggi è proprio così. Tutte quelle situazioni che mi mettono alla prova sono ciò che io ho deciso per la mia resistenza e la mia attenzione, entrambe oggi di una durata insufficiente al cospetto del tempo del match che ogni giorno devo disputare. Anche perché i danni arrecati dagli errori passati, sono davvero come il paradosso del cadavere sulla riva del fiume, arrivano a scoppio ritardato sommandosi alla realtà già difficile, da cui vorrei sparire per sempre, ma non ne ho nemmeno il coraggio. Anche la dinamica della fuga dalla responsabilità è uno specchio che ho giustamente osservato recentemente, così come l’in-coscienza che vedo in alcune persone a me vicine, è la stessa mia che mi ha portato ad accumulare mancanza. Il ragazzo è intelligente ma non si applica, chissà quale maestra nelle prime scuole già mi aveva predetto questo futuro. Gli errori come i conti si pagano, e nulla rimane inerme, nella splendida legge del karma. C’è poi quello istantaneo e quello antico, ma sicuramente i punti di unione ci devono essere. Posso, ma soprattutto devo, accettare un passato karmico per cui mi si ripresentano dinamiche maligne che vibrano al contrario di ciò che sono oggi, richiamando però qualcosa che sembra familiare e al contempo lontana da me. Eppure quella cosa l’ho sempre sentita e non sono qui a negare. Il Diavolo, come alcuni lo chiamano, mi corre dietro sin da bambino, come a ricordarmi che in un’altra vita gli fossi devoto. Oggi la stima e la gratitudine alla natura di “ostacolo” di evoluzione non mi basta per navigare verso la luce. Alcune capacità mi sono state inibite proprio per questo motivo, perché probabilmente quegli strumenti che possedevo in altre vite li ho usati in modi non coerenti tantomeno positivi. Oggi la mia percezione di alcune energie o vibrazioni è assente, e per andare anche solo a sfiorarle devo fare i cosiddetti “salti mortali vibrazionali”. Per veicolare o sentire qualche forma di energia anche minima devo fare uno sforzo incredibile condito dal dubbio del silenzio. Spesso mi baso sulla capacità degli altri di sentirmi, a volte in maniera forte, a loro dire, con un atto di fiducia non indifferente. Altra coincidenza relativa a questa categoria di persone, sono portato ad essere facilmente circondato da persone, in particolare streghe e sensitive, che spesso individuo e constato come radioline perennemente accese, il cui compito di sintonizzazione nella giusta frequenza determina la loro sanità mentale e l’eliminazione dei loro problemi. Chiaramente da quel punto di vista io paio essere il rappresentante delle olimpiadi. Posso avere a che fare e trovarmi tranquillamente con persone che operano in maniera diametralmente opposta, pur sapendo che alcune di queste non si incroceranno mai. Se parliamo di streghe, purtroppo la società vuole il divide et impera, per cui anziché mettersi intorno allo stesso fuoco, risulta più facile l’ostilità e la guerra fra loro. A me dispiace molto ma spesso è così e credo ci sia poco da fare. Le persone energeticamente più vicine a me “sentono”, e anche con estrema facilità, spesso in seguito ad alcuni eventi toccanti della vita come vari tipi di shock oppure dopo essere morte e ritornate. Il mio sentire è sempre stato messo in dubbio, principalmente da me, la mia radio è sempre stata spenta. Non sento nemmeno le campane ormai. Quindi lascio al lettore immaginare il dubbio di ogni istinto o intuizione che percepisco come proveniente dal giusto canale, piuttosto che una decisione d’impulso. Il dubbio assale l’appartenenza di ciò che mi muove al canale dello stereotipo, dei meccanismi di costruzione ed educazione di ogni tipo. So bene che questo ruolo “impoverito” è giustamente relegato a questa condizione per merito e demerito, e a maggior ragione dovrei astenermi dal giudicare chi ne ha facoltà e lo usa senza la modestia, il pudore o educatamente, o senza una ipotetica preparazione verso il circuito richiesto. Ma sempre di giudizio si parla. E quell’attività, giudicare, è il male dell’esistenza umana, probabilmente il vero peccato originale. Continuo ad apprezzare che il mio raggio verde sia oggi relativo ad alcuni elementi, e con alcuni dei quali svolgo anche oggi il mio lavoro, e di questa coscienza ho avuto conferma in una recente consulenza astrosofica e karmica, con l’approfondimento di una serie di curiose coincidenze che delineano il quadro di grandi capacità e altrettante responsabilità tutto in una volta, laddove prima erano solo segni su una tela di arte astratta sparsi dovunque senza apparente significato. Come uno “stereogramma”, è venuto fuori un nitido disegno che era sempre stato nascosto. E per vederlo bisogna fare uno sforzo di “focalizzazione”.

Prima ho scritto una frase che conteneva sia la parola devo che la parola posso. Probabilmente non in quest’ordine, ma conteneva questi due verbi. Questa dualità diventa “trina e una” aggiungendo l’ultima parola, voglio. A questo punto la volontà è l’unica via per provare a fare questo salto in un momento così difficile e complesso, dove so di potere, dovere e volere, “rompere lo schema”, avvicinandomi finalmente a Dio. Tutto d’un tratto la responsabilità della rottura dello schema come soluzione a tutto ciò che ho marcito è una delle poche cose che so di sapere. Ma non può essere esercitato a caso, a freddo, o senza assumere la cosa più importante che mi ronza intorno da parecchio. Percepire che il cucchiaio non esiste, per cambiare ciò che materialmente sembra impossibile. Uscendo dal costrutto logico che mi impedisce di vedere la verità. Probabilmente il mio dono oggi è proprio questo. Si tratta solo di tirarlo fuori ed esercitarlo, ricordandomi anche nelle situazioni che affronto con il pilota automatico. Ed anche questo pensiero di responsabilità, quasi come fosse la figura dell’eletto, sebbene ognuno lo è se si prende davvero la responsabilità della propria identità, della propria natura e della propria essenza, è tutt’ora, da settimane ormai, al vaglio di tutti i componenti di ego che lo possano influenzare e spingere in direzioni errate e depotenzianti. Esattamente come una grande massima dell’ermetismo in cui si afferma che l’aiuto va dato solo se richiesto ed ancor meglio se in maniera anonima, solo allora ogni forma di ego può spegnersi e liberare l’intento verso tutta la sua potenziale energia. Similmente, “prega per i tuoi nemici e perdona i tuoi persecutori”, sicuramente, ma senza la necessità che loro lo sappiano.
Chiedo scusa, chiedo scusa principalmente alla mia anima per le innumerevoli fette di prosciutto che avevo infilate nelle orecchie, e che ancora coprono strati e strati, per cui non riesco a sentire bene il consiglio sulla strada che “spero” di prendere.

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