Ci risiamo. Ancora merito, ancora karma. Ancora problemi. Questo corridoio finale sembra molto lungo, e quella luce in fondo era soltanto un lumino mezzo fulminato. Probabilmente per me non c’è nessuna luce, ma solo tanto da scontare. Già espressi il concetto di come fosse evidente ma invisibile l’apparente verità di come ogni dinamica karmica negativa aspetti il momento in cui abbassi la guardia per pugnalarti, proprio come hai fatto tu, cosciente o meno. Non importa a quel punto la consapevolezza, casomai solo una freccia di stupidità in più al mio arco, che come un boomerang, riporta a me ciò che ho fatto, evitato, scartato, inferto, causato. Il tutto nella perfezione sincronica di questo bellissimo film.
Ed ecco che si ripresentano quelle dinamiche per cui, per quanto io dia, non è mai sufficiente, e mi viene in mente sempre la parabola dell’appeso al dirupo che vede passare un uomo con un braccio solo, il quale porgendoglielo, si sente rifiutare quell’aiuto nella ricerca o nell’attesa del braccio mancante, preferito nell’aiuto. Ho un braccio solo a volte, e con quello cerco di fare tutto il possibile, ma non è sufficiente. Cerco di accontentare tutti, ma è impossibile, cerco di accontentare me, sebbene sia quasi sconosciuto a me il mio gusto. Trovo il meglio nello specchio di me, ma ricevo anche ciò che non sempre desidero, e le dinamiche di scorno ahimè sono sempre uguali. La risposta più semplice non la enuncio nemmeno, altrimenti verrei fulminato. La risposta complicata non è completa, devo necessariamente agire diversamente per evitare di ricevere ciò che non voglio, ciò che non è. Sono circondato di persone che da me ricevono, e prima o poi, immancabilmente avvertono la mancanza del complesso atteso, rispetto al dono. La gerarchia stabilita non è comunque vista, non è apprezzata, ma il problema è il mio, voglio sciare con una gamba sola. Ce la si fa, ma non a lungo. Dovrei smetterla, vibrando diversamente al fine di non incorrere in tali accuse, in tali dolori, tali dispiaceri dati, ma fortemente ricevuti. Infatti spesso regalo disattese, e genero mancanza. Ma non capisco perché non ci si metta mai nei miei panni, cosa che io faccio. E visto che inconsciamente me lo aspetto, non può certamente accadere, non è disinteressato profondamente ciò che do, ciò che faccio. Ma sto blaterando, e vorrei cancellare tutto il paragrafo. Trovo e dialogo con la parte migliore di qualcuno, che inevitabilmente porge l’altra guancia, mi mostra l’altra sua faccia, quella dualità tipica del tanto di qua, quanto di là. Ed io sono talmente imperfetto e permaloso che non sopporto il dolore. Così che la vita mi da dolori che esattamente come la paura, muovono il mondo. Quei dolori che non sono ancora capace di ignorare e/o trasformare. Eppure sono ben cosciente di ciò che ho, ora, rispetto a ieri, ed in quanto dono lo accetto tal quale, senza desiderarne varianti. La paura ed il dolore spingono energia da sotto, creatrice, come un fuoco sacro.
Altri dolori nella sfera familiare si aggiungono ad insolite ma non nuove, gravi difficoltà economiche. Quindi l’ordine e la natura degli addendi ha qualche lacuna, qualche errore. Di cui sono unico responsabile. E l’espressione matematica di ciò che sta avvenendo contiene dati che ho messo in gioco. Contiene errori che non ho visto mentre li commettevo. E se ciò che amo mi da anche dolore, non può esserne estraneo. Mia nipote, la mia bambina, vive un karma che conosco perché l’ho visto da vicino, pur non appartenendomi, qualcosa che in via di sofferenza ha un elemento irreversibile, che se si ripropone, la porterà avanti, molto avanti, a vivere dinamiche di autodistruzione legate ad un primissimo errore di valutazione che diventerà via via più grossolano, e che la maggiore età o saggezza non potrà correggere. Ed in quel caso non avrò nemmeno un misero braccio utile ad aiutare qualcuno che non sta nemmeno chiedendomi di essere aiutato. Eppure c’è una parte di me colpevole, una parte di me istintivamente piena di dolore, che condivide quella passione, sentendomi impotente. Ed in questo caso la mia impotenza, manifestata nell’incapacità di reagire già infantile, ha un ruolo talmente istruttivo che nessuno meglio di me può saperlo.
Mi piace considerare come ogni cosa che si faccia, ogni azione in particolare deliberatamente intrapresa, ci segua come un’ombra. Qualcosa che ci segue perennemente, delimitando o delimitante la nostra forma. E questo avviene in presenza di luce. Già. Azioni intraprese in un nostro momento di ombra, possono non essere sicuramente ammirevoli, e tantomeno piacevole riconoscerle nella forma vicina a noi in un momento più illuminante. Interessante parallelismo, originale, stavolta mi faccio i complimenti. E l’inclinazione del dio nei miei confronti, cioè la specifica età del sole nel periodo dell’anno, riesce a mostrarmi lunghezza ed ampiezza di questa forma, fino al bruciarla perpendicolarmente, rendendola esigua, quasi nulla, ma presente. Per un momento in un giorno, ma ben presente a volte persino se in compagnia lunare notturna, evento più raro ma emblematico. Viviamo all’ombra per ripararci dal sole, quel dio che noi umani non siamo in grado di guardare direttamente in faccia, pena il bruciarci la vista. Questo Dio incendiario e dispensatore di vita, al quale, come l’idioma Georgiano insegna, il pianeta gira intorno, quindi Ama. Difatti la loro traduzione di “ti amo”, è “io ti giro intorno”, motivo per cui nei loro funerali o nelle camere ardenti i visitatori compiono un giro circolare completo intorno al loro caro estinto. E riflettevo proprio stamattina su come per eliminare ogni forma di giudizio, sia nel più semplice caso esterno che quello rivolto verso noi stessi, si possa spostare il nostro punto di osservazione da ogni angolazione possibile, simile all’esercizio di presenza basato sull’auto osservazione, sforzandosi di auto osservarsi esternamente da ogni lato. Così che come da un precedente esempio che mi piace sempre ricordare, se di fronte ho un cartello di divieto, da molte angolazioni questo sarà evidente, ma ci saranno due angolazioni per cui questo simbolo sarà vero come un cerchio grigio, o una linea retta.
Ancora una volta, Mi Dispiace, Ti chiedo Perdono, Grazie, Ti Amo