Tra una fiera e l’altra, una città e l’altra, usi e culture, sono sempre a correre. Il calendario delle prossime fiere è spaventoso, la prossima settimana sarò a Verona per l’evento potenzialmente più remunerativo e di maggior scambio della penisola. Questi ultimi giorni all’aperto a Bologna mi hanno però portato diversi spunti e anche veri e propri regali. Il lavoro in primis, che anche questa volta nella sua scenografia da me studiata e fortemente voluta, mi ha dato ragione, portando davvero tanto consenso, in una posizione all’aperto, in pieno sole, in un contesto di fiera con potenziale prodotto fuori target. Inoltre un venerdì che si presenta con un mattiniero quanto sorprendente spino in gola, mi ha consentito di riposarmi due tre ore mentre le mie colleghe si impegnavano anche per me. Lo sforzo per l’allestimento si fa sentire e complice l’età, che si avvicina ai 50, forse dando la colpa ai ritmi, devo ammettere che sento la fatica di un susseguirsi di eventi, per cui ogni volta devo avere un piano, uno schema, e relative intuizioni per proporre ciò che potrebbe piacere e interessare. Per non parlare dei 40 quintali di merce e scenografia che ogni volta carico, scarico, inscatolo e svolgo. Passo da un allestimento all’interno di circa 8 metri per 4, al festival dell’oriente, ad una soluzione all’aperto con tanto di rischio pioggia o troppo sole per una fiera a tema botanico e antiquariato. Ma Bologna che ho nel cuore, mi ricompensa dei 10 anni in cui vivendoci ho potuto incrociare sia Dalla che Bersani, che Carboni, ottimi interpreti di ciò che ho visto, sentito, vissuto, portato ad esperienza. E questa città mi ricompensa con una clientela molto particolare e ben predisposta, riuscendo ad attirare persone che apprezzano le mi scelte in campo espositivo. E questo è già un dono, un miracolo. Tre giorni di fiera molto intensi, remunerativamente ottimi, metereologicamente focosi, da abbronzatura, davvero una bella settimana.
Circa tre/quattro anni fa, una serie di eventi familiari hanno fatto sì che insieme alla mia socia, adottassi un cane bisognoso che proveniva dalla Puglia. Le coincidenze recitano una scena raffigurante la morte del cane di mia mamma, ed il suo seguente trovare un nuovo cane, all’anagrafe canina Billy, un meticcio non cucciolo che a dire dell’associazione, apparteneva ad un senza tetto, che per motivi via via sempre diversi non poteva più occuparsene e quindi potenzialmente salvabile da un canile. Immediatamente questo cane si rivela un personaggio di tutto rispetto, che io più volte ho descritto come un potenziale “palo”, che ti aspetta a motore acceso mentre compi una rapina. Un vero cane fenomeno e saggio, di quelli che davvero hanno visto tanto, e per i suoi allora 6 anni, ieri come oggi sembra davvero ancora un bimbo. In quel periodo la mia socia voleva prendere una compagnia per Ester, la mia Golden Retriever ora scomparsa, e queste coincidenze hanno fatto sì che rivolgendosi a questa associazione, ci fosse presentato Marley, che vissuto per tre anni in canile, adottato da una famiglia dell’alta Lombardia, venisse restituito per futili quanto misteriosi motivi. E quindi, nella staffetta di ritorno verso la Puglia, il pulmino che trasportava questi cagnolini, si è fermato proprio a Rimini, nel parcheggio della Comet, per consegnarcelo. Immediatamente ci rendiamo conto che questo cane, come tutti quelli che vengono da determinate situazioni, hanno particolari fobie. Difatti la sua tendenza a nascondersi e a scappare, spinta da particolari paure legate a bambini che urlano, palloni che rimbalzano, uomini anziché donne, ci ha particolarmente demoralizzato. E portarlo con noi alla prima fiera in quel di bologna, ha segnato per lui, in quel 2020 un imprinting devastante per la sua sicurezza. Quindi a questa sua quarta volta a bologna, appena si è reso conto di dove si trovava, è rientrato nella sua fobia, sebbene di molto migliorata, nel nascondersi o nel non voler nemmeno scendere dal furgone. Quindi l’ultima domenica, per evitare di stressarlo di più, lo tengo nel furgone, assicurandomi ogni paio d’ore che abbia da bere, che possa fare anche la pipì, e che non sia al sole. In uno degli ultimi viaggi verso il furgone, vengo chiamato da una voce femminile che, vedendomi scaricare il monopattino dal retro del furgone, mi chiede se ho bisogno di una mano. Una manciata di sue domande a chiedermi il nome, che ci facessi lì, ed il segno zodiacale, mi hanno sorpreso per l’eleganza nel modo, pur avendo riconosciuto in lei un interesse discreto che sfociava nella curiosità sulla mia età, di pochissimo inferiore alla sua, cosa a me evidente ed anche a lei, che con rammarico e un grazioso sorriso mi si presentava. In questo approccio così discreto e per nulla invadente si rivela un altro dono, rispetto a presentazioni piuttosto evidenti e maldestre, per cui il vecchio detto della “prima impressione”, non sbaglia mai. Inoltre al di là della mia mancata corrispondenza, mi rallegra la coincidenza per cui rispetto al mio recente tenere a distanza ogni tipo di approccio, proprio in quel momento, quell’innocua conoscenza mi è sembrata quasi un regalo. Non tanto per “chi”, di cui non ho ricordo o reminiscenza, ma proprio per il “come”, stavolta diverso ed apprezzato.
Poi avviene un altro regalo, probabilmente il più grande. Più precisamente prima, non poi. Una mia ex mi scrive un messaggio proprio giovedì sera. Il rapporto era consolidato come buono, nonostante un iniziale periodo di distacco con silenzio e lontananza. Poi ricevo questo testo, inaspettato, in cui mi si descrive come Narciso, manipolatore, bisognoso di amore e di attenzioni, dittatore subdolo, promiscuo, predatore di vittime, incapace di amare perché bisognoso di attenzioni e mosso da una rabbia figlia del rifiuto. Tutto ciò appartiene ad un passato mio che io stesso non posso sapere di avere abbandonato. C’è però una parte legata al sentire, all’istinto, al comando ricevuto, che mi disse di allontanarmi. E supportato da alcuni stati di malessere ho obbedito nonostante l’amore provato. Persone molto vicine a me mi dissero frasi abbastanza eloquenti, che mettevano in dubbio il mio comando, chiedendomi come potessi frequentare altre persone essendo ancora innamorato di qualcun altro. Quella stessa notte ho sognato un dialogo, in cui riferivo ciò che mia nonna mi comunicò nei mesi scorsi, nonostante la sua assenza, in sogno, o in meditazione, ed in maniera abbastanza invadente, per me e per i componenti della mia famiglia. Tutta questa esperienza mi ha segnato, mi ha fatto evolvere, non rimpiango nulla del mio amore che è sfociato in una direzione, sebbene non sia stato capito o interpretato, sebbene solo mia è la colpa di ogni feedback non atteso. E quella stessa notte, in sogno, riesco a rivelare in quel dialogo con quell’anima, una cosa che mi portavo dentro da molti mesi. Ciò che mia nonna mi disse relativamente a ciò che stavo attraversando, ciò che lei con molta prepotenza insinuava nella mia instabile situazione. Al di là del ruolo nella situazione che attraversavo dai primi di febbraio in poi, per cui vivevo un malessere a me nuovo e relegato al fatto di ricevere dalla vita un responso lontano dal mio sentire, lei, mia nonna, interveniva in ampio ritardo a constatare ciò che non potevo sapere ne immaginare. Al di là di ciò che non è per me possibile provare, riprendeva con questa frase, la stessa con cui in sogno dialogavo con l’anima di questa persona, riportandole esattamente ciò che mi veniva detto e cioè: “se fosse stata detta la verità, il bambino sarebbe nato”. Cruda e semplice, come la vita. Ed anche questa dinamica, nella sua complessità, è stata un regalo, perché se dovevo avere vicino, o lontano una persona, o un’anima, che come il mio precedente stato evolutivo, bugiardo e malato, insistesse nel sopravvivere, l’auto eliminazione o estinzione senza mia colpa o senza la mia mano insanguinata, può avere colpa. Ma questa dinamica, questa frase ha ripercosso tutto il mio presente, da ottobre 2023 ad oggi, nell’ambito di un rapporto recuperato, ma per motivi legati alla verità, mai sciolto. Tutto ciò che mi è stato scritto, detto, è probabilmente vero, seppur legato a momenti diversi da quelli appurati, e tanto mi basta. Tutto ciò che mi è stato scritto e detto, è relativamente correlato ad una parte di me che attirava ciò.