Nella prima settimana del 2023 ritorno alla toscana folle e ”sciagattata”, nel tempio pisano, dove il battistero, e la torre pendente rendono l’idea del ”miracolo”. Dove in ogni bar aprono una bottiglia di qualunque Bolgheri, come se fosse Tavernello, anche se in quella cantina ogni volta che pisciano in una damigiana ottengono un Brunello. Una città piccola, con decadenti palazzi ed altezzose pareti livornesi (nonostante l’inimicizia), ponti su panorami fiorentini, pressoché identici, gente folle, come la kermesse fieristica che vado ad allestire. Ottengo ciò che vedo, vedo ciò che ottengo. Un’esperienza che mi mancava dal 2019, e tanto mi mancava, per la natura della stessa.. Un’esperienza che mi ha regalato immensi colori ed emozioni. Tanto dolore, tanti brividi e tante soddisfazioni, sebbene in una settimana in cui ho toccato nuovamente un fondo, di tristezza e di evidente colpevolezza, dispiacere, impotenza, colpa, evoluzione. Grande evoluzione. Ancora una volta lo specchio di ciò che ho dentro si è manifestato esternamente a me. E negarlo sarebbe il solito errore, madornale, capitale, ciò che ancora vedo esternamente a me, ma che io non posso non vedere come mio. Ancora una volta, in ritardo, capisco quanta fortuna abbia, quante possibilità mi siano date, quante vite feline ho già sprecato, come se sapessi di vivere eternamente o di vivere questa fortunata condizione come se fosse una sottintesa rendita. Ed invece il qui e ora è un istante, sebbene eterno, che non ha garanzie future, ed ancora la mia coglionaggine ci sputa sopra…

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