D’accordo?
Ci sono doni e doni. Sentire più facilmente qualcosa. Fanno tutti parte del nostro “training”, che la vita ci propone a mo’ di allenamento per la via evolutiva. E’ anche vero che ciò che abbiamo dentro rispecchia la forma di ciò che in seguito ci si presenta fuori. Terreno spinoso questo.
Felicità. La felicità è una scelta. Di conseguenza lo deve essere anche la tristezza. Sebbene si possa investigare la sua origine e la sua causa. La vera scelta di “essere felici” è una via dello spirito per cui c’è gioia e amore in ogni gesto effettuato, ma anche in ogni oggetto o forma di vita che abbiamo davanti agli occhi. La felicità Vera non viene dalla macchina nuova. Di conseguenza la tristezza deve avere un ruolo ed un’importanza. Nel mio caso un’attitudine alla trasformazione legata alla coincidenza per cui, riuscivo a dare il meglio di me in condizioni di tristezza, spiegano bene questo ruolo. Come nel film Inside Out, scopriamo come quella forma di energia, e non quello stato, possa essere capace di muovere qualcosa, così come è grande forza motrice del mondo la paura.
Certo è che, sia per la felicità che per la paura o la tristezza, cerchiamo almeno di considerare se le stiamo vivendo nel presente, piuttosto che nel futuro o nel passato. Altrimenti siamo infelici e sfortunati per qualcosa che non abbiamo, non abbiamo più, o proiettati verso la sua mancanza o ipotetica imminente fine.
L’essenza stessa della paura ha fine nella morte. Si può essere tristi tutta la vita perché si sa che si deve morire? La paura stessa proiettata su qualcosa di inevitabile ti sposta in avanti togliendoti dalla gioia presente. Per la tristezza vale lo stesso, ma con affezione differente. Potenzialmente differente. Forse sono come gemelli scambiati dalla culla. E’ molto importante accogliere queste frecce di energia che in quel momento abbiamo bisogno o necessità di ricevere e attraversare, imparando a trasformarle. In modo che sia di evoluzione. Come nel film Disney appena citato. D’altronde il bello è relativo al brutto, così come il caldo al freddo. E allo stesso modo necessari l’uno all’altro per la considerazione di ciò che preferiamo.
Comunque sia lasciare andare qualcosa o qualcuno, oppure addirittura la vita stessa, non è forse il premio di questa vita? Curioso termine, questo “premio”. Siamo qui per essere felici e vibrare Amore, ma quello vero incondizionato, Agapé, quello universale per cui, rivolgendoci all’essenza della persona amata che è lontana, che muore, se ne va o se ne è andata, con il cuore aperto sentiamo: Ovunque tu sia, io ti Amo.
A differenza di Eros e Philos, propedeutici approcci di convivenza e sentimento, attrazione e condivisione, fino ad una forma di energia profonda che non ha fine né inizio, nello spazio e nel tempo.
Allo stesso modo la nostra fine, un momento che la materia vuole farci temere, anziché spiritualmente Gioire, nell’essere pronti, lasciandosi andare nell’affidamento del ritorno al padre, abbandonando le dualità per rientrare nell’Unità.